Fu “scenografo” della ricostruzione barocca di Noto dopo il terremoto del 1693.
In tale contesto risulta attivo anche a Modica (controversa attribuzione di San Giorgio e San Martino) e a Ragusa Ibla (San Giorgio).
Si tratta, insieme al Vaccarini a Catania ed a Giovanni Vermexio di uno dei principali fautori della ricostruzione della Val di Noto. Dagli ultimi studi in materia è indicato come il più originale degli architetti del Barocco siciliano. Sono provati forti collegamenti relativi alla sua formazione con il Barocco romano di Francesco Borromini, e con esponenti del Barocco in Austria.
In letteratura si parla di una straordinaria predisposizione del Gagliardi all’uso di prospetti chiesastici a sviluppo verticale – le famose facciate-torre che lo avvicinano alla sensibilità di artisti austriaci come Fischer Von Erlach o Lucas Von Hildebrandt, ma anche di altri operanti in Germania. L’esempio più chiaro è probabilmente la ardita facciata a tre ordini di San Giorgio a Ragusa Ibla.
Fu autore di un trattatello di architettura in cui fa riferimento ai canoni architettonici classici e rinascimentali, sebbene non vi siano documenti di una sua permanenza a Roma. In genere è documentata comunque la connessione con le scuole architettoniche coeve. In questo contesto i fondi relativi al Gagliardi contribuiscono a comprendere la capacità di fare rete dell’architettura del tempo e la circolazione di idee tra gli architetti. Un aspetto che ha dimensioni mondiali se si pensa a come elementi di Barocco raggiungano perfino la California attraverso l’edificazione delle missioni spagnole del tempo lungo El Camino Real.
Di incerta attribuzione la stupenda chiesa di San Giorgio a Modica: sebbene esista un chiaro collegamento ad alcuni suoi disegni, si è di recente scoperto che il concorso relativo ebbe luogo durante i suoi ultimi due anni di vita, anche se riguardava solo il III° ordine e la guglia della facciata-torre, essendo stato il I° ordine completato nel 1738, ed il II° nel 1760. Nel periodo 1760/62 è documentato che il Gagliardi fosse infermo. Il cantiere poi aprì dopo la sua morte. L’autore della parte conclusiva dell’opera è quindi incerto (c’è il palermitano Labisi fra gli incaricati), ma, chiunque fosse, mostra di subire fascino e influenza del Gagliardi dimostrandone l’attitudine a fare scuola e l’originalità, sapendo dare continuità ed omogeneità al progetto iniziale.