Noto antica
è il nome dell’antico abitato di Noto distrutto a seguito del terremoto del 1693. Prima del terremoto contava circa 14.416 abitanti e 3046 case
Noto antica fu fondata all’epoca di Ducezio re dei siculi (verso il 428 a.C.) e diventata capovalle durante l’epoca araba. Era una città importantissima nella Sicilia ed era confederata con altre due città: Messina e Taormina. Alla città fu dato anche il titolo di Città ingegnosissima da Ferdinando il cattolico nel 1503. Si ritiene che Ducezio, continuamente in guerra con i Greci, sia stato indotto alla scelta del sito sul monte Alveria dalle difese naturali da cui è circondato, alti costoni rocciosi e profonde valli; vi si godeva poi, la vista del mar Jonio ed era facile la discesa verso la spiaggia (anche se più lunga rispetto a quella sul nuovo sito). Noto era così un sito perfetto per la sua inespugnabilità, essa infatti non fu mai conquistata con la forza. Dunque Ducezio, che avendo costruito Mineo in posizione elevata, non poteva tollerare di lasciare la sua patria in un luogo umile ed insicuro (l’antica neas sul monte dell’Aguglia) e gettò sul monte Alveria le basi della città di Noto, circondandola di mura. Nell’antica città fiorirono ginnasi dei filosofi.
Noto aveva chiese nobilissime, la più splendida delle quali (racconta Rocco Pirri) era la chiesa madre detta Chiesa Maggiore (retta a colleggiata agli inizi del ‘600) che era intitolata (come quella attuale) a San Nicolò. La chiesa si ritiene essere fondata intorno al periodo della cacciata dei saraceni dal Conte Ruggero I il normanno.
La chiesa custodiva l’urna di San Corrado Confalonieri (oggi custodite nella cattedrale della nuova città), Rocco Pirri racconta di una lastra (non presente a Noto) in cui vi era scritto:
(LA) « Conradi facrum eft, qued confpicis effaque codem Hoc veneranda viri contumultata loco. Trecentum luftris jam fe cumulaverat annus Terdenns, fuit bis bis quoque janita feges »
(IT) « Questo che ammiri è il saccello di Corrado e qui pure sono tumulate le sue venerande ossa, Erano trascorsi trecento lustri e tre decenni ai quali si erano pure aggiunte, per due volte le messi. »
La seconda chiesa parrocchiale che era presente a Noto antica era quella del SS. Crocifisso un tempo intitolata a S. Maria del Castello, appunto dal luogo in cui sorse. Fu fondata al tempo di Giordano, tempo in cui era stato costruito anche il castello. Il restauro della chiesa fu finanziato da una delle più nobili famiglie di Noto: i Landolina, che per far notare il loro sforzo finanziario dovuto alla restaurazione della chiesa avevano fatto dipingere il loro stemma sulla volta della chiesa. In essa si trovava un dipinto del crocifisso (oggi rimane solo il volto di cristo custodito in una teca su uno splendido crocifisso dorato di Rosario Gagliardi nella nuova chiesa a Noto) che, secondo la tradizione, fu dipinto da S. Luca e fu portato dal conte Ruggero ai Landolina affinché costruissero una chiesa. La sopraddetta immagine del crocifisso, posta sotto la cupola della chiesa (racconta il Pirri) fu poi trasferita il 27 marzo 1514 in un’apposita cappella sopra la quale si ammirava, oltre ad un pinte, la superba mole della torre campanaria che su di essa gravava con ardita risoluzione architettonica, un’altra lapide: «Perché ricordare gli antichi colossi dell’Asia? La provvida Noto ha di che stupire i Siculi.» Nella chiesa si venerava in oltre (come si venera nella nuova città) la teca in oro della Santa Spina.
Monastero cistercense di Santa Maria dell’Arco
Il monastero cistercense di Santa Maria dell’Arco fu fondato a 6 miglia dalla città, verso nord da Isimbardo Monergia[senza fonte]. Nel cenobio della chiesa di veneravano le reliquie del Beato Nicolò da Noto, dello stesso ordine, alcune delle quali erano racchiuse in teche d’argento.
Dei palazzi si hanno invece notizie molto più sintetiche o assenti. Il palazzo Landolina, uno fra i palazzi più importanti del paese, fu abbellito in stile barocco con due aquile in pietra calcarea che sorreggevano il balcone centrale per rappresentare, probabilmente, la forza della famiglia. Altro palazzo, di cui però non si hanno notizie, è quello degli Impellizzeri. Si ricordano anche edifici per uso comunale come il palazzo senatorio, il carcere e il fortilizio con la torre maestra che fu anche sede della cavalleria leggera.
Noto antica possedeva delle poderose fortificazioni che circondavano interamente il perimetro della città e del monte. Di esse, nonostante le devastazioni del terremoto restano in piedi vari tratti visibili. Le mura erano interrotte da due ingressi principali, uno a nord (la porta della montagna) e uno a sud. Ma vi erano anche altri sette ingressi minori che portano il conto di nove ingressi in totale. Annesse alle mura si trova il castello Reale con resti di torri e della antica prigione dove sono visibili moltissimi graffiti e bassorilievi lavorati dai galeotti.
Resti di epoca greca.
Noto Antica, essendo abitata anche in epoca greca, presenta alcune strutture ancora visibili, come l’Heroon e il ginnasio[2]. L’heroa, monumento dedicato al culto degli eroi, mostra diverse nicchie dove erano posti i pinakes. In alcuni casi sono visibili alcune scritte greche, bassorilievi e persino un raro affresco dell’epoca. Il ginnasio è stato individuato grazie alla presenza di alcune iscrizioni tra cui una ancora visibile in onore al re siracusano Ierone.
Dopo il terremoto
La nuova città fu ricostruita più a valle, con le caratteristiche di città barocca che l’hanno resa celebre in tutto il mondo.
Attualmente nel sito archeologico possono ammirare alcune necropoli sicule del IX e VIII sec a.C., la Grotta del Carciofo (catacomba ebraica), la Grotta delle Cento Bocche, le antiche concerie e i mulini della valle del carosello, i resti della cinta muraria e del Castello Reale con la sua Porta che ha inciso il motto latino "Numquam vi capta" [3]. Ed in effetti, mai nessun motto si dimostrò più veritiero dal momento che soltanto il già citato sisma del 1693, riuscì a distruggere l’inespugnabile centro abitato.
Il sito oggi
Attualmente l’area di Noto Antica è riconosciuta come area archeologica, anche se non è valorizzata a sufficienza per mancanza di strutture adeguate, cartellonistica sufficiente e un’adeguata fruizione. L’intero sito necessita di campagne di scavo conoscitive avvenute solo in parte minima, mentre altre sono previste in futuro. Pochissimi gli studi e le pubblicazioni legate a quest’area ricchissima di informazioni che ricoprono un arco temporale che va dall’epoca preistorica sino al 1693, anno del terremoto.